Pur nutrendo molte riserve nei confronti del personaggio Saviano, e dei suoi scritti, chi scrive condivide l’opinione, da lui recentemente sostenuta, che l’abolizione del proibizionismo conduca sempre ad una diminuzione del consumo, e del profitto delle mafie e delle associazioni criminali. Si tratta di un assunto che poggia su solide basi storiche e sociologiche, basti leggere i dati statistici relativi alle conseguenze dell’abolizione del proibizionismo in America, o della parziale legalizzazione della cannabis in Olanda e in alcuni altri stati. Ma c’è un altro aspetto della questione che dovrebbe renderci favorevoli alla legalizzazione della cannabis: la convinzione che la sensibilizzazione sociale sui danni che l’alcool, il tabacco e le “droghe” possono arrecare sia sempre più efficace ed incisiva di qualsiasi pena. Mettere un ragazzo in galera, cioè in quella discarica sociale che sono le carceri, per il possesso di pochi grammi di erba o hashish gli arreca certamente più danni di uno spinello, e mantenere allo stesso tempo la libertà di acquistare alcool e tabacco a volontà mi sembra indice di un’ottusità che è chiaro sintomo dell’arretratezza, anche culturale, del paese in cui viviamo. Basti pensare al fatto che in altri paesi occidentali lo Stato spende miliardi per le campagne di sensibilizzazione sui possibili danni del consumo di alcol o del tabagismo, e di abitudini alimentari che possono provocare malattie o disfunzioni ben più gravi di quelli che la cannabis può arrecare. Inoltre, non si può far finta di non sapere che è in atto, nel dibattito scientifico internazionale, un confronto di tipo eziologico in cui numerosi studiosi hanno messo in evidenza importanti proprietà terapeutiche della cannabis. L’onagrocrazia italiana continua, purtroppo, ad ignorare completamente tutto ciò, accodandosi al moralismo ipocrita di personaggi come Giovanardi che pretendono di imporre un loro modello di integrità morale ai propri concittadini, attraverso la repressione e la reclusione, mentre la corruzione, le mafie e i conflitti d’interesse della classe politica si stanno letteralmente mangiando il Paese.
Franco Celotto